LA CHIESA NELLA CITTA’: IL NUOVO LIBRO DI DON GIOVANNI MOMIGLI
04-06-2019 09:19 - NEWS ACLI TOSCANA - territorio

Intervista di Gabriele Parenti
E' uscito di recente il nuovo libro di don Giovanni Momigli direttore dell'Ufficio pastorale e sociale dell' Arcidiocesi di Firenze (La Chiesa nella città. Segno & Via per il bene comune Ares Edit. 2019 ) Un testo denso di significati legati all' esperienza pastorale e all'impegno sociale. di don Momigli.
Cerchiamo di approfondirne alcuni punti significativi con questa intervista all'autore
Perché la Città può essere protagonista di un rinnovamento della Chiesa in senso missionario?
La fede è personale, ma proprio perché personale, e non individuale, non può essere pensata, vissuta e consolidata individualisticamente, ma solo nell'ambito di una relazione, in un contesto comunitario.
È vivendo la città, ossia le relazioni con e fra le persone, che si testimonia la propria fede e che si incontra Dio, giacché Dio abita nella città, come dice Papa Francesco.
La città è l'ambito in cui dare sostanza alla propria fede e dove si è chiamati alla fede e a una continua conversione, operando per l'umanizzazione del mondo tenendo fermi due poli di ascolto e di riferimento: la parola di Dio e la voce, meglio, le voci della città.
Quali le sfide del mondo contemporaneo che hanno per protagoniste le città ?
Praticamente quelle che la nostra società si trova oggi a dover affrontare. Alcune di queste sfide, fra l'altro, nascono proprio nella città, come la concretezza del governo dei processi di interazione e integrazione, non solo fra persone diverse, ma anche fra le specificità territoriali. Una delle sfide principali è data dalle nuove tecnologie. Si parla di città intelligenti. Soprattutto servono città sensate, perché l'uomo rimanga protagonista dei processi che lui steso attiva. La città può e deve fare molto per coltivare la dignità, la libertà e la socialità nell'ottica del bene comune. Pur essendo vero che le questioni transazionali necessitano di una politica interconnessa e globale, capace di operare a livello planetario, la città può svolgere un ruolo di primo piano per la crescita, connettendo il proprio territorio alle opportunità del domani; ridando centralità anche culturale al lavoro; contribuendo a ridurre le profonde disuguaglianze di vario genere, comprese quelle derivanti da una distribuzione della ricchezza che premia la rendita a scapito del lavoro.
La città , dunque, protagonista dal futuro, come auspicava La Pira?
La città protagonista del futuro nella misura in cui riesce ad essere protagonista nel presente, soprattutto nel creare le condizioni per un futuro più a misura d'uomo. Come diceva La Pira le città «non sono occasionali mucchi di pietre, ma sono le misteriose abitazioni di uomini». Alla città, infatti, sono affidati compiti di grande spessore a livello
planetario per il bene dell'uomo, perché la persona messa al centro non solo della città, ma dal mondo.
planetario per il bene dell'uomo, perché la persona messa al centro non solo della città, ma dal mondo.
La città può svolgere un ruolo centrale nell'affrontare sfide di grande portata, dalle problematiche ambientali a quella culturale, dal ruolo della politica alla sperimentazione di governance più aderenti alle dinamiche attuali. Penso che una delle sfide fondamentali che la città si trova a dover affrontare all'inizio di questo terzo millennio, sia quella di ritrovare i fili essenziali per ricostruire un tessuto relazionale e comunitario capace di recuperare il necessario valore civico e uno scopo condiviso, coinvolgendo i cittadini nella loro pluralità, che mettono in campo idee di città diverse.
Oggi si assiste a una sorta di fuga dalle città perché molte persone preferiscono spostarsi in piccoli centri che appaiono più vivibili …. questo depotenzia o no il protagonismo delle città?
Proprio la ricerca di una vivibilità più umana, mi pare rappresenti una spinta affinché la città ritrovi un proprio protagonismo civico.
La comunità locale non è frutto di uniformità, ma di unità di appartenenza. La diversità non annulla, ma presuppone la compresenza di una pluralità di espressioni date da particolari legami, come quelli che nascono dalla storia di una porzione di territorio, come possono essere i borghi, i rioni o determinati quartieri, nonché quelli dati dalla condivisione di interessi di varia natura. Si potrebbe addirittura affermare che l'unità civica è tanto più forte quanto più sono attivi e partecipi nello spazio comune le differenti formazioni sociali sulle quali poggia la vita della città. A rendere difficile l'unità civica delle nostre città e ad impedire la crescita del senso comune di appartenenza civica, e quindi una vero e proprio protagonismo della città, non è la policentricità, la molteplice origine dei legami o la pluralità dei percorsi, neppure quelli dati dalle diversità di carattere etico, culturale o religioso, bensì il non sentirsi parte di un contesto e la mancata assunzione di responsabilità collettiva.
Parli delle città chiamate oggi a una rivoluzione possibile e necessaria. Quale?
Quella di costruire comunità, rifacendo il tessuto relazionale, civico ed ecclesiale. L'umanesimo di cui il modo ha urgente bisogno, può essere coltivato riscoprendo il valore della relazione e della comunità. Diventando popolo, come dice Papa Bergoglio. Un popolo plurale che sviluppa la cultura dell'incontro e cammina insieme, dove il senso di appartenenza coinvolge e responsabilizza, cogliendo le diversità di ciascuno come risorsa per il bene di tutti.
Per ripensare la vita della comunità ecclesiale e la presenza nella vita della città, della comunità cristiana in quanto tale e dei fedeli laici in modo specifico, occorre concentrarsi sull'essenziale, che per il cittadino anche credente è la persona e il bene comune. Perdere di vista l'essenziale porta a chiudersi e a regredire, mettendo al centro simboli e sovrastrutture che sono solo frutto d'incrostazioni storiche e niente hanno a che fare con il fondamento. Per il cristiano, l'essenziale, che rende liberi e maturi, è la risurrezione di Cristo e l'annuncio del regno di Dio e della sua giustizia.
Quale rapporto tra questo libro e il tuo precedente lavoro su La Città plurale?
Questo libro rappresenta il riferimento concettuale e di fede delle riflessioni che negli anni hanno guidato l'esperienza descritta ne La Città plurale. La questione migratoria, infatti, viene vista e affrontata sulla base di una specifica visione antropologica e tenendo conto della necessità che la città deve trovare l'unità civica, il suo essere comunità nella pluralità delle sue espressioni.
Scrivi che anche che il cristiano è chiamato a vivere la città, il suo essere cittadino. In che modo ?
Esiste un'intima connessione tra annuncio del Vangelo e servizio all'uomo nella sua concretezza storica; uno stretto legame tra edificazione della Chiesa, nella quale è vivo e presente il Cristo risorto, e la costruzione della città degli uomini redenti dallo stesso Cristo morto e risorto.
Il credente è deve maturare la consapevolezza che è suo compito contribuire a edificare la Città - ponendosi come fermento nella vita sociale, politica, culturale, economica - e che, nello stesso tempo, deve attenderla con speranza, perché l'opera è più grande di quello che viene affidato alle sua mani. Non solo perché, nella sua pienezza, la città «scende dal cielo, da Dio» ((Ap. 3,12b; 21,2), ma anche perché ciascuna generazione - ciascuna persona - opera su quello che le è stato consegnato dalle generazioni precedenti e lascerà alle generazioni successive il compito di proseguire anche il proprio lavoro.
Il riferimento a Cristo, unico Signore, libera da ogni sudditanza, spinge a operare per affermare le ragioni sociali e politiche di una convivenza fondata su umanità e fraternità ed è la chiave per un'autentica laicità, a partire dal linguaggio: più un cristiano è radicato nella fede in Cristo, più avrà la maturità necessaria per collocarsi nello spazio pubblico rispettando ruoli, competenze, responsabilità.
La stessa comunità cristiana può favorire il ritrovamento dei fondamenti della convivenza e del confronto sociale e politico, facendo ritrovare alla politica la P maiuscola che sembra perduta, ad esempio promuovendo Laboratori o Forum civici di approfondimento e di confronto per il bene comune, non solo per i cattolici.
La necessità di rimettere al centro la persona e l'elaborazione di un pensiero, capace di diventare cultura e prassi quotidiana, è una sfida che può essere positivamente affrontata solo attivando processi che coinvolgano le persone in modo ampio, trasversale.